di Caio de Amorim Féo e Mário Jorge da Motta Bastos
Nel corso della Storia, le guerre sono sempre dipese dal livello di sviluppo delle forze produttive che era stato raggiunto dalle società umane, alle latitudini e nelle diverse dimensioni temporali, rivelando sempre comunque tale livello. Forse, probabilmente, sono stati anche, simultaneamente, un elemento che ha reso ancora più dinamico tale sviluppo, insieme al suo scambio e alla sua diffusione nelle diverse società, anche se le sofferenze e le disgrazie scatenate dai conflitti rendono letteralmente evidente il carattere distruttivo dell’azione delle forze in gioco, soprattutto per coloro che coloro che le subiscono. Parlando di storia, riteniamo indispensabile sottolineare come questa vecchia signora – la musa Clio, così logorata dalla pioggia di pietre, di lance e di bombe che la colpiscono regolarmente e governano la sua lunga esistenza segnata dalla sofferenza – costituisce un e bombe che la colpiscono regolarmente, scandendo la sua lunga esistenza segnata dalla sofferenza – costituisca anch’essa un’arma che viene sistematicamente mobilitata al fine di essere contesa nella battaglia per conquistare i cuori e le menti delle popolazioni costrette al conflitto. Tra i diversi possibili utilizzi del Passato, va inclusa anche la sua strumentalizzazione in quanto arma da guerra nella mobilitazione dell’opinione pubblica, una lezione questa, riaffermata dall’attuale conflitto tra Russia e Ucraina! Nel discorso che Vladimir Putin ha pronunciato nelle prime ore del 24 febbraio 2022, rivolto principalmente alla popolazione russa (e pertanto a quella ucraina e al mondo intero), che è stato presentato dai media internazionali come una formale dichiarazione di guerra, è una certa lettura della storia quella che sottende gli argomenti fondamentali i quali pretendono di giustificare l’iniziativa militare. Con un tono che è a metà quello di un professore e a metà di uno sceriffo,a essere centrale è una «dichiarazione esplicativa» che è durata circa quaranta minuti, durante la quale il presidente russo ha delineato quelle azioni che si sarebbero ben presto scatenate, come se si trattasse di una sorta di iniziativa necessaria per «correggere» gli errori storici del passato («recente») [*1]. Giuseppe Stalin (sempre e ancora lui) – nel contesto della seconda guerra mondiale – avrebbe esitato a riconoscere la voracità dell’aggressore tedesco e ad affrontarlo immediatamente. Il mostro è cresciuto, si è mangiato il patto tedesco-sovietico e si è nutrito di milioni di vite strappate al popolo russo dall’invasione delle forze naziste. Secondo Putin, «[…] fin dai primi mesi delle ostilità, abbiamo perso territori immensi e strategicamente importanti e milioni di persone. Non tollereremo che un simile errore venga commesso una seconda volta, non ne abbiamo il diritto». La storia non si ripeterà. Ma abbiamo a che fare con una farsa oppure con una tragedia? Non è per niente chiaro. In un suo precedente discorso alla nazione, datato 21 febbraio 2022, Vladimir Putin aveva già invocato la storia («recente») e, anche quella volta, i numerosi errori commessi dai capi rivoluzionari, e il cui conto alla fine avrebbe dovuto essere pagato da una Russia che ora, in quest’inizio del millennio, si troverebbe a un nuovo crocevia storico. Secondo Putin, l’Ucraina, più che un paese limitrofo, sarebbe parte inalienabile della storia e della cultura della Russia, e di quello che lui ha definito come il suo «spazio spirituale». «È da tempo immemore, che le persone che vivono nel sud-ovest di quella che storicamente è stata sempre terra russa, si chiamano russi e cristiani ortodossi. Questo era già il caso ancor prima del XVII secolo, quando parte di questo territorio divenne parte dello Stato russo, e anche in seguito» [*2].
Secondo Putin, la storicità della «questione ucraina» sarebbe la base indispensabile per comprendere le ragioni e gli obiettivi dietro l’escalation delle azioni della Russia nella regione. «È chiaro che non si possono cambiare gli avvenimenti del passato […]», ha poi dichiarato, senza ammettere esplicitamente quello che ogni insegnante di storia vorrebbe inculcare agli studenti che lo ascoltano… quando lo ascoltano: non c’è alcuna Storia, se non quella contemporanea, poiché ogni passato diventa oggetto di riappropriazioni nel presente, quando la studia rivolgendosi verso di essa, e quindi questo elemento vivo può essere (trans)formato, stravolto, sfilacciato… L’Ucraina moderna sarebbe stata una creazione, un’invenzione della Russia, il risultato dell’ennesimo errore storico dei bolscevichi i quali, con uno sguardo di disprezzo, vengono così ancora una volta esecrati da qualcuno la cui traiettoria politica è strettamente legata a una delle espressioni più dure dello Stato sovietico; uno Stato che questo leader aborre. Ma la storia non finisce qui. Esistono molteplici strati di questa storia che possono essere mobilitati, e che vengono mobilitabili nel contesto in questione. La profondità storica sembra perfino avere il potenziale per aggiungere spessore alle azioni in corso nel presente, per immergerle nel denso liquido che scorre pigramente a lungo termine, per impregnarle do quella sostanza viscosa che pretende di essere l’espressione di un destino manifesto assai antico. [*3] Abbiamo scritto «antico», ma «medievale» sarebbe assai più appropriato. Il 12 luglio 2021, il presidente russo ha pubblicato sul sito ufficiale del Cremlino il saggio «Sull’unità storica dei Russi e degli Ucraini», nel quale storicizza l’identità profonda dell’Ucraina e della Russia. La sua narrazione inizia con l’affermazione secondo cui «[…] i Russi, gli Ucraini e i Bielorussi sono tutti dei discendenti dell’antica Rus’, che era lo Stato più grande d’Europa», il quale comprendeva un territorio in cui vivevano diverse «[…] tribù slave ed altre ancora, in una vasta area che comprendeva Ladoga, Nóvgorod, Pskov, Kiev e Chernigov, erano unite da un’unica lingua (quella che oggi chiamiamo Vecchio Russo), da dei legami economici e dal potere dei principi della dinastia Ryurik. E più tardi – al battesimo della Rus’ – dalla fede ortodossa». Secondo Putin, nemmeno i crescenti disaccordi che negli ultimi anni hanno segnato la convivenza tra le «due nazioni», possono oscurare l’unità storica e spirituale di questi popoli. [*4] L’unità che – secondo Putin – ha aggregato e cementato la diversità originale rimanderebbe al IX secolo, allorché l’unità politica della Rus’ incominciò a prendere forma con la conquista di Kyiv (o Kiev) da parte del kniaz (principe) Oleg nell’882, secondo un racconto tardivo – il Povesti vremeninyhu letu (Racconto degli anni passati) – risalente al XII secolo. Da quel momento in poi – ipotizza il leader russo – si sarebbe costituito uno Stato Rus’ per eccellenza, il quale si estendeva su un lungo territorio, le cui popolazioni sarebbero poi state gradualmente unificate culturalmente. Anche se la storia non è appannaggio esclusivo degli storici (i quali hanno persino alimentato, e continuano ad alimentare, senza alcun pudore, i poteri costituiti con le loro «analisi»), i professionisti di Clio cosa dicono di sapere sulla questione?
Prima di tutto,bisogna spiegare l’origine del termine Rus’. Etimologicamente, è possibile che il termine derivi dal verbo antico norreno to row (roþs), o anche dal sostantivo roþR o roþz, che significa «rematori», cioè coloro che facevano parte dell’equipaggio delle barche a remi durante una spedizione. Il riferimento sembra essere legato in particolare agli abitanti dell’attuale Svezia, e a quei termini delle attuali lingue finno-baltiche che significano «svedese», così come ruotsi in finlandese e root’si in estone sembrano indicare il significato originale della parola rus’. Tuttavia, a ogni modo, l’origine può anche essere fatta risalire al mondo dei guerrieri conosciuti come Vichinghi: sono partiti dalla Scandinavia e hanno razziato le terre dell’Europa occidentale e orientale, terre eurasiatiche, soprattutto tra l’VIII e il X secolo. In quei territori dove oggi si trovano la Bielorussia, l’Ucraina e la Russia, questi guerrieri erano chiamati, tra l’altro, i Varegiani (varjagu); dopo aver stabilito insediamenti permanenti in queste regioni ed essersi integrati con le popolazioni locali, verranno indicati principalmente come i Russi. [*5] A partire dall’862, il capo guerriero scandinavo Riourik avrebbe regnato sui Rus’ in queste regioni, dando vita alla dinastia Riourikovitch (o Riourikides [*6] ), della quale faceva parte il suddetto Oleg. Negli anni 880, la città di Kiev divenne il centro principale di quella che cominciava ad emergere come l’entità politica Rus’, e da allora i diversi gruppi etnici che vi abitavano interagirono tra loro, dando luogo a un vasto processo di mescolanza di popolazioni nei secoli successivi. Tra i gruppi etnici che alla fine formarono la Rus’ c’erano scandinavi, slavi, balti, finlandesi e turchi. se l’entità politica russa iniziò con Oleg a Kiev, non c’è motivo di considerare che la città fosse un centro che portava sotto il suo controllo tutti gli insediamenti russi della regione. Nelle zone collegate a Nóvgorod e Gorodische, per esempio, sulla riva nord del fiume, la città era il centro dei russi. Nelle aree relative a Nóvgorod e Gorodische, per esempio, sulla riva settentrionale del lago Ilmen, è possibile che l’entità politica locale Rus’ sia stata direttamente influenzata dal khanato Khazar, più a est in questa regione, ed era persino governata da un “khan” menzionato nei resoconti di un’assemblea Rus’ intorno all’839. Sulle rive del Volga, è nota l’esistenza di una colonia russa nei primi decenni del X secolo, menzionata dall’arabo Ibn Fadlan nel 922, la cui indipendenza da Kiev doveva essere notevole. Sembra chiaro, quindi, che le informazioni che abbiamo su questo periodo e sulla sua organizzazione politica, secondo i documenti disponibili, non confermano le dichiarazioni di Putin sull’esistenza ancestrale di uno Stato della Rus’ unificata che avrebbe fuso la notevole diversità dei molti livelli che componevano l’entità Rus’. Se la realtà russa di allora era segnata dalla diversità dei popoli e delle entità politiche costituenti, diventa difficile supporre l’esistenza di un’unità generale linguistica o culturale che avrebbe riunito le diverse etnie e le avrebbe portate a essere un qualche popolo unificato. È anche molto improbabile che durante la sua esistenza il potere e l’ascendente della dinastia Ryurikovich (o Ryurikid) si sia esteso sulla maggior parte del territorio. La sua area effettiva di supremazia politica si estese e si ritrasse diverse volte durante questo lungo periodo, imponendosi sulla Rus’ fino al XVI secolo. Kiev e la sua centralità furono contrastate in vari momenti dalle rivendicazioni di altri centri politici della Rus’, come Vladimir-Suzdal e Smolensk nell’attuale Russia, e Chernigov (Chernihiv in ucraino) nell’attuale Ucraina. Tuttavia, le opinioni sono divise su quale regione abbia giocato un ruolo centrale dopo il declino di Kyiv. Nel 1169, il kniaz (principe) di Vladimir-Suzdal, Andrei Bogolioubski, guidò un’incursione nella città di Kyiv, che portò all’acquisizione di vari bottini, tra cui icone e altre proprietà della chiesa. Dal punto di vista della storiografia russa, da questo punto in poi, la centralità della Rus’ si spostò da Kiev al nord, con la base di potere di Vladimir-Suzdal, che divenne parte della Moscovia o del Regno di Mosca. Con la conquista di gran parte del territorio della Rus’, compresa Kiev, da parte dell’Orda d’Oro mongola a metà del XIII secolo, questa prospettiva si sarebbe accentuata. Secondo la storiografia ucraina, invece, la situazione è diversa, poiché, dal loro punto di vista il regno di Galizia-Volhynia (cioè parte della Polonia, Ucraina e Bielorussia) sarebbe stato il successore di Kyiv dal 1199, fino a che la Galizia venne conquistata dal re Casimiro III di Polonia nel 1349, e La Volhynia fu controllata dal Granducato di Lituania nel 1350 [*7].
Sistematicamente, le iniziative di appropriazione del passato della Rus’, promosse dai regimi stabiliti in Russia e in Ucraina, vengono mobilitate a favore della promozione di quella che, sulla traccia di Josep Fontana, potremmo chiamare un’«economia politica»: un discorso di legittimazione del presente che afferma la sua inevitabilità storica come il risultato di una lunga epopea progressiva, scandita da grandi imprese che si proiettano in linea retta fino al tempo dal passato più lontano. A Veliky Nóvgorod, in Russia, si trova il Millennario della Russia, un monumento eretto nel 1862 per commemorare i mille anni del presunto arrivo del capo Ryurik nelle terre dei Rus’. A Kiev, troviamo un monumento eretto nel 1911 che rappresenta la principessa Olga, il cui apogeo di potere si dice che risalga alla metà del X secolo, una figura la cui prominenza deriva dal suo status di primo leader della Rus’ – poi convertitasi al cristianesimo ortodosso [*8]. La mobilitazione di questi luoghi di memoria, e l’invenzione di tradizioni da parte dei protagonisti del conflitto la dicono lunga sul modo in cui il passato può essere utilizzato. Sistematicamente rielaborato nel corso del tempo,sul filo dei presenti che si succedono, il passato costituisce uno strumento quasi immemore che serve per giustificare lo status quo. Se la memoria di ciascuna nazione è socialmente costruita, il ricordo e la mobilitazione della Rus’ da parte di Vladimir Putin, così come una certa interpretazione del passato più recente dell’Ucraina, sembra dare senso e significato alla rivendicazione di un’unità fondante che fu, che non avrebbe mai dovuto smettere di essere e perciò dovrebbe essere di nuovo. Vladimir Putin intende incarnare, sul piano ideologico, una specie di Ryurik risorto? Purtroppo la storia, che si ripete come una farsa, non smette di essere una tragedia!
– di Caio de Amorim Féo e Mário Jorge da Motta Bastos – 20/04/2022 –
– Caio de Amorim Féo, doctorant en histoire à l’Universidade Federal Fluminense (Niteroi, Brésil), étudie les processus découlant des incursions vikings dans la perspective de l’Histoire globale.
– Mário Jorge da Motta Bastos est professeur associé du cours d’Histoire de premier cycle à l’Universidade Federal Fluminense (Niteroi, Brésil) et chercheur.
NOTE:
[*1] – Testo tradotto dall’originale, disponibile sul sito ufficiale del Cremlino: La dichiarazione di guerra di Putin: «Chiunque cerchi di fermarci deve sapere che la risposta della Russia sarà immediata».
[*2] – Testo tradotto dall’originale, disponibile sul sito ufficiale del Cremlino: DefenceNet – US RU NATO – IMPORTANTE – Vladimir Putin discorso 21 febbraio 2022.
[*3] – Allusione al «destino manifesto» di quella che è un’altra potenza imperialista, gli Stati Uniti, che si sentono autorizzati, a questa ideologia, a influenzare il destino di altri paesi.
[*4] – Testo originale su: http://en.kremlin.ru/events/president/news/66181 .
[*5] – FRANKLIN, Simon ; SHEPARD, Jonathan, The Emergence of Rous. 750-1200, Longman, 1996, p. 28.
[*6] – In un sito di propaganda russa ( https://fr.rbth.com/histoire/83183-dynastie-riourikideshistoire ), si possono persino trovare considerazioni sul DNA dei discendenti dei Riourikidi! (N.d:T.)
[*7] – PLOKHY, Serhii, The Gates of Europe: A History of Ukraine, Basic Books, 2015, p. 57-60.
[*8] – SIMONE, Lucas R.; NEVES, Leandro César S., «The Middle Ages and the construction of Ukrainian national Identity: a brief analysis of Kyiv’s public space» in ARAÚJO, Vinícius César Dreger de; GUERRA, Luiz Felipe de, Medievalisms in a global perspective, p. 8 (in corso di tempo).
Tradotto in italiano dall’originale pubblicato su Passa Palavra, e pubblicato qui.